Marzo 6, 2024

Categories: News

“Se le tue azioni ispirano gli altri a sognare di più, imparare di più, fare di più e diventare di più, sei un leader.”

Parto con la citazione di John Quincy Adams per evidenziare da subito l’obiettivo con cui scelgo di ospitare Professionisti: condividere la loro esperienza, fonte di ispirazione, di valore per chi cerca stimoli per apprendere, sognare e fare di più. Coinvolgo persone che ritengo essere leader di se stesse prima di tutto, ovvero chi fa accadere le cose, a partire dal proprio successo (che per me è il raggiungimento dei propri obiettivi professionali, ben definiti) e che non aspetta l’opportunità ma la costruisce.

Per questa nuova intervista ho pensato di coinvolgere Stefania Raviele, Employment & Labour Lawyer – Salary Partner @De Luca & Partners

Ciao Stefania, ci racconti chi sei?
Ciao! Sono una campana (per metà americana) trapiantata al nord ormai da quasi 15 anni. Cresciuta in una famiglia di solide tradizioni, figlia di un commerciante e di una casalinga, ho sempre avuto uno spirito un po’ ribelle, poco incline ad accettare ingiustizie e costrizioni. Questa mia indole mi ha portato a cercare nuove opportunità a Milano, città che poi ho scelto come mia nuova casa. Oggi esercito la professione di avvocata, specializzata in diritto del lavoro. Ogni giorno sono al fianco delle imprese per affrontare ogni tematica legata al mondo del lavoro, dalla gestione dei rapporti di lavoro alle relazioni industriali. Preferisco definirmi più un business partner che un semplice consulente legale; il mio obiettivo è quello di collaborare attivamente con la direzione risorse umane per prevenire qualsiasi potenziale problematica con i lavoratori, piuttosto che limitarmi a intervenire quando ormai c’è un “problema”. Sono mamma di due meravigliosi bambini, ai quali cerco di trasmettere valori come rispetto e l’accoglienza verso ogni forma di diversità. Insieme a mio marito li educo affinché crescano con solidi principi, imparando ad apprezzare le ricchezze che ogni persona può portare nella loro vita.

Se ti dovessi presentare con un’immagine metaforica quale sceglieresti e perché?
Se dovessi rappresentare me stessa con un’immagine metaforica, sceglierei quella di una quercia in mezzo a una tempesta. Le sue radici, profondamente ancorate nella terra, simboleggiano i miei valori, quelli inamovibili che mi consentono di restare ferma nonostante le avversità. Le foglie e i rami agitati dal vento riflettono la mia vita di tutti i giorni, un susseguirsi di responsabilità e sfide che mi mettono alla prova.
Ecco, nonostante tutto, la tempesta mi piega, ma non mi spezzo perché affronto tutto con dei valori saldi.

Sei napoletana ma vivi ormai da tanti anni a Milano. Com’è stato questo cambiamento?
Rivoluzionario, fatto di pancia e accompagnato dallo scetticismo generale che prevedeva un mio rapido ritorno alle origini.
Sono partita senza avere alcuna certezza sul futuro, solo tanta determinazione e voglia di fare. L’inizio non è stato facile. L’impatto con la città, soprattutto sul fronte lavorativo, ha lasciato molto a desiderare.
I primi anni sono stati una vera e propria prova di resistenza: mi sentivo costantemente fuori posto, mai all’altezza, perennemente combattuta tra il desiderio di abbandonare tutto e la convinzione che dovevo e potevo farcela.
Nonostante le difficoltà, non mi sono arresa.
Con il passare del tempo, Milano ha iniziato a trasformarsi da luogo estraneo a casa.
Qui sono nati i miei figli, qui ho incontrato mio marito, qui ho raggiunto le mie aspirazioni professionali.
Napoli rimane sempre la mia oasi felice, il mio rifugio, le mie radici, ma la mia vita ormai è qui. Almeno per ora; per il futuro, who knows?!

Ci racconti qualcosa in più del tuo percorso di studi, fino a ricondurlo alla tua esperienza lavorativa attuale (ti sto chiedendo una sorta di “teoria dei puntini” alla Steve Jobs)?
Sembrerà strano ma la mia vocazione per il diritto nasce da molto lontano. Ero piccolissima e alla domanda “cosa vuoi fare da grande” rispondevo “l’avvocato”. E quell’obiettivo non l’ho mai cambiato, non ho mai avuto ripensamenti.
Così, dopo aver conseguito il diploma al liceo scientifico, la scelta della facoltà universitaria non poteva che cadere su Giurisprudenza. Mi sono laureata con una tesi in diritto del lavoro e, subito dopo, ho intrapreso il mio cammino professionale in questo ambito.
Questo non significa che sia stato semplice. Anzi! Però Ho sempre affrontato gli ostacoli con la convinzione che facessero parte di un percorso che mi avrebbe portato alla mia meta; quindi, ho sempre concentrato tutte le energie sull’obiettivo finale più che sulle difficoltà del momento. Guardare oltre, immaginare il futuro che desideravo costruire, è stata la mia forza. E così, passo dopo passo, lavoro ogni giorno per trasformare il mio sogno nella mia realtà.

Qual è il lato più bello e quale il più complesso del tuo lavoro?
Il lato più bello del mio lavoro è che ogni giorno è un giorno diverso dall’altro. Tutte le tematiche che affronto sono sempre diverse. Non c’è mai una soluzione preconfezionata valida per tutto, ma è una sfida continua, un lavoro mentale costante, fatto di idee, di intuito, di studio e di implementazione. Ecco, contrariamente a quanto possa apparire dall’esterno, non vi è nulla di monotono ma è ricco di stimoli incessanti.
La parte più complessa invece è che è un lavoro che ti porti dietro. È difficile “staccare”, lasciare i pensieri professionali fuori dalla porta di casa. Quando si presenta una questione particolarmente complessa, questa tende ad assorbirti completamente, al punto che, anche dedicandoti ad altre attività, una parte della mente rimane inesorabilmente legata a quel progetto o “caso”. Almeno così è per me.
Non di rado, nei momenti più impensabili, quando sono lontana dalla scrivania, immersa in attività completamente diverse, mi capita di avere quelle che io chiamo “illuminazioni” per questioni particolarmente complesse.
Questo incessante processo di riflessione, anche se sfidante, è una delle dimensioni più affascinanti e gratificanti del mio lavoro.

 Sei esperta in materia di Sostenibilità Sociale d’impresa, accompagni le aziende in percorsi di certificazione per la parità di genere, per la Gestione delle risorse umane – Diversità e inclusione nonché per la Social Accountability 8000. Provi a dirci in parole semplici cosa significa e cosa si fa in concreto?
Lavorare sulla sostenibilità sociale d’impresa significa aiutare le aziende a essere responsabili dal punto di vista sociale. Questo processo abbraccia vari aspetti tra cui la parità di genere, la gestione delle risorse umane nel rispetto delle diversità e dell’inclusione, e, a volte, processi di certificazione.
Negli ultimi anni questi temi sono divenuti improvvisamente attuali. Assistiamo oggi ad un inizio di cambiamento che porta le imprese a prestare maggiore attenzione alle persone. Si inizia a guardare al capitale umano, non come a una “voce di costo” in bilancio, ma come ad un’opportunità di investimento. Sì, perché l’investimento sul wellbeing aziendale è un investimento di medio/lungo periodo che poi torna all’impresa in termini di produttività.
Ecco, nel mio lavoro, affianco le aziende in questi percorsi che, in alcuni casi, possono essere semplicemente finalizzati al conseguimento di una certificazione per i motivi più svariati (sgravi contributivi, punteggi premiali per la partecipazione a bandi, etc.), in altri, nella maggior parte in realtà, sono finalizzati ad introdurre nelle aziende un vero e proprio cambiamento culturale.
Affrontare un percorso di sostenibilità sociale significa interrogarsi, porsi delle domande e rispondere a quelle domande con l’onestà intellettuale di chi riconosce l’importanza di un cambio di cultura, organizzativa ma non solo

Un tema a te caro è quello dei bias (“scorciatoie di pensieri”) che possono impattare negativamente sulla carriera delle donne. Ti va di dirci di più?
Il tema dei bias è estremamente rilevante in generale e dunque anche quando si tratta della carriera delle donne. Oggi per fortuna si inizia a parlarne, a riconoscerlo come problema, ma è inutile negare che di strada da fare ce ne sia ancora tanta.
Se infatti è vero che oggi l’accesso al lavoro per le donne non è più ostacolato come un tempo, è altrettanto vero che le donne incontrano molte barriere nell’avanzare verso posizioni di management.
Nonostante molte aziende abbiano manifestato il loro impegno verso l’uguaglianza di genere, adottando politiche favorevoli alla conciliazione tra vita professionale e familiare, i pregiudizi di genere continuano a dominare negli ambienti lavorativi, frenando l’ascesa professionale di numerose donne.
Questo perché gli unconsciuos bias giocano un ruolo subdolo, ma con un impatto devastante e per certi versi inaccettabile.
Nel mio lavoro, cerco di trasmettere alle aziende che i bias non sono solo un problema sociale, eticamente ingiusto, ma possono essere anche fonte di rischi perché sfociano facilmente in atti o fatti discriminatori.
La discriminazione di genere, nel nostro ordinamento, è vietata. Il Codice per le pari opportunità dedica un articolo intero alle forme di discriminazione vietate, e la formulazione è talmente vasta da includere non solo gli atti o i fatti che sono volutamente e direttamente discriminatori, ma anche tutti quegli atti, o comportamenti apparentemente neutri che possono produrre un effetto discriminatorio.
Una definizione talmente vasta che è più semplice commettere una violazione che evitarla. Almeno così è in quelle organizzazioni che non hanno adottato seriamente delle politiche di contrasto alla discriminazione.
Questo è il terreno su cui bisogna lavorare. Politiche e regolamenti mirati possono aiutare a minimizzare i rischi, la formazione, a tutti i livelli, è uno dei principali strumenti che hanno le organizzazioni a loro disposizione per puntare ad un cambio culturale e cercare di neutralizzare i bias.

Un po’ come fossi una Mentor per giovani donne che si stanno affacciando ora al mondo del lavoro, che consigli ti sentiresti di condividere con loro? E te lo chiedo specificatamente per loro visto il tuo impegno
Consiglierei loro due cose: la prima è di non credere che per arrivare a certe posizioni debbano “pensare” ed agire come un uomo. Il modello di leadership maschile fino ad oggi predominante e conosciuto non è e non dev’essere il modello cui ispirarsi. La leadership femminile c’è e va valorizzata perché nelle organizzazioni aziendali serve tanto quanto quella maschile.
Il secondo consiglio che mi sento di dare è di non rinunciare mai a una parte della propria vita per condizionamenti esterni. Non devono mai sentirsi obbligate a scegliere tra il costruire una famiglia e il “fare carriera”, questa sensazione è solo il frutto di un’influenza culturale sbagliata.  Se avvertite questo tipo di sensazione, direi che siete solo nel posto sbagliato. Quindi l’unica scelta da fare senza esitazione è quella di cambiare.

A giovani che invece stanno cercando la loro strada professionale cosa ti senti di consigliare per aiutarli concretamente a individuare un proprio possibile percorso?
Il mio consiglio è semplice: provare. Personalmente, ho sempre avuto le idee chiare senza nutrire dubbi, ma avere incertezze non è un errore, anzi, è segno di un approccio sano alla vita. Non dovreste mai temere di sbagliare, di sperimentare, di cambiare direzione, né tantomeno dovreste temere il fallimento. Cadere è parte del percorso, accade a tutti. Ciò che veramente conta non è come si cade, ma la resilienza e la forza con cui ci si rialza.
Soprattutto, consiglio di non lasciarsi sopraffare dal giudizio altrui, ma di rimanere sempre fedeli a sé stessi.
Dico sempre ai miei figli che non possiamo controllare le azioni o le parole degli altri, ma possiamo solo scegliere come reagire a ciò che gli altri ci dicono o fanno. Questa capacità di risposta, questa forza interiore, è ciò che ci definisce e ci permette di avanzare con integrità e autenticità nel nostro cammino.

Ti chiedo di salutarci con il tuo motto preferito
Vi lascio con una citazione di Albert Einstein che sintetizza perfettamente il mio approccio alla vita e che negli anni ho fatto mia: “C’è una forza motrice più forte del vapore, dell’elettricità e dell’energia elettrica: la volontà”.

– Ritratto di Stefania Raviele
– Foto di copertina By crshelare

Share it with your friends!