“Se le tue azioni ispirano gli altri a sognare di più, imparare di più, fare di più e diventare di più, sei un leader.”
Parto con la citazione di John Quincy Adams per evidenziare da subito l’obiettivo con cui scelgo di ospitare Professionisti: condividere la loro esperienza, fonte di ispirazione, di valore per chi cerca stimoli per apprendere, sognare e fare di più. Coinvolgo persone che ritengo essere leader di se stesse prima di tutto, ovvero chi fa accadere le cose, a partire dal proprio successo (che per me è il raggiungimento dei propri obiettivi professionali, ben definiti) e che non aspetta l’opportunità ma la costruisce.
Per questa nuova intervista ho pensato di coinvolgere Marco Vigini, Founder Bnet2Connect | Networking Trainer & Advisor | Direttore servizio welfare giovani @Orienta | Vice Presidente nazionale Aidp | Professore a contratto @SDA, POLIMI, CATTOLICA | Autore di “Networking e Lavoro” e “Il potere delle relazioni”.
Ciao Marco, sei Founder di BNet2Connect, un innovativo hub di servizi sul networking caratterizzato da differenti formati per diversi tipi di pubblico. Hai registrato la proprietà dell’innovativa “Networking Gym” (palestra di networking per aziende e manager) e “Networking Date” (palestra sul colloquio di networking). Sei direttore del servizio welfare BnetYoung, creato in partnership con Orienta per creare un ponte tra scuola, giovani e mondo del lavoro grazie al capitale relazionale. Inoltre, sei vicepresidente nazionale dell’”Associazione Italiana Direzione del Personale – AIDP” e docente e consulente di networking in prestigiose Università. Dopo “Networking e Lavoro. Come valorizzare le relazioni professionali” (Hoepli 2016), hai più recentemente scritto il tuo secondo libro “Il potere delle relazioni. Il Networking come competenza di vita per il successo e per il benessere”. Cosa puoi condividere di meno noto su di te?
Un aspetto meno noto di me è che sono una persona molto timida che ha imparato a vincere la sua timidezza nel corso degli anni e che è sempre stato spinto da una dimensione di curiosità, anche spirituale, di fronte al mondo e alle persone anche nei momenti più complessi che ho vissuto da giovane.
Credo molto nel potenziale nascosto delle persone e per me il network è un abilitatore che ci consente di avere una vita migliore, per noi e per la nostra rete fiduciaria. Amo il tennis, anche se sono un tennista molto scarso, perché per me questo sport è una scuola di vita e metaforicamente ogni palla è come se fosse una relazione: va gestita al meglio con concentrazione perché potrebbe cambiare l’andamento di un’intera partita. Mi definisco un family man e credo tanto nei valori della famiglia e dell’accoglienza. Mi impegno e sforzo ogni giorno per cercare di lasciare la parte migliore di me agli altri, sono un inguaribile ottimista e cerco sempre di costruire qualcosa di innovativo grazie alla mia inesauribile vena creativa.
Se ti dovessi presentare con un’immagine metaforica quale sceglieresti e perché?
Non ho mai pensato prima di oggi ad un’immagine…probabilmente quella che oggi mi rappresenta meglio è un cielo stellato senza confini, pieno di luci, alcune molto dense che si riflettono sugli altri. Un cielo stellato che dà molta tranquillità e serenità, che è quello che spero di poter portare gli altri.
Ci racconti qualcosa in più del tuo percorso di studi, fino a ricondurlo alla tua esperienza lavorativa attuale (ti sto chiedendo una sorta di “teoria dei puntini” alla Steve Jobs)?
Credo che la mia storia di studi ma anche di vita possa riassumersi in tre blocchi.
La prima parte degli studi (e di vita) in cui ho subito alcune scelte, prima di tutto la laurea in giurisprudenza che ho fatto per un tema di comodità più che di convinzione (la convinzione era di fare psicologia ma era Padova e vivevo ancora troppo in una zona di ombra di me stesso e di comfort). La seconda tappa di studi, più avanzata, ha riguardato il master in analisi transazionale che poi mi ha dato il diploma di counselor e a questo sono arrivato grazie a una persona che stimo molto. Non avrei mai fatto questo corso da solo anche perché non avevo ancora tutte le informazioni e questo corso ha cambiato e rivoluzionato il mio stare insieme agli altri, avevo finalmente strumenti forti di consapevolezza relazionale. La terza fase degli studi è quella di oggi, la fase di rinascita cioè la possibilità odierna di scegliere le fonti, i percorsi di studi e gli aggiornamenti che ritengo siano in linea con quello che è il momento che sto vivendo. Non so se ci sono dei “dots” tradizionali ma sicuramente potrei parlare del mio percorso in tre fasi che è poi un percorso di vita.
Qual è tua definizione preferita di Networking?
A me piace molto la metafora del networking come genio, inteso come entità, che è nella lampada (di Aladino). Abbiamo bisogno di far uscire questo genio e di guidarlo con metodo per arrivare ai nostri traguardi e successi, e anche della rete intorno a noi. Potrei definire il networking come uno straordinario non viaggio (perché non termina mai), e le relazioni ne sono le tappe spesso straordinarie che ci danno l’opportunità di crescere, arricchirci e di creare valore intorno a noi.
Parli di “Networking come competenza di vita per il successo e per il benessere”, cosa intendi esattamente?
Intendo che il network è una competenza multidimensionale cioè abbraccia le dimensioni personale professionale ma anche multidirezionale avendo tantissimi ambiti di applicazione. Uno dei punti che evidenzio nel mio libro è che inserire nella propria rete persone di valore, di qualità e con alcune caratteristiche aumenta il livello qualitativo delle nostre vite, del nostro benessere e anche del nostro successo. Le relazioni contano molto più di quello che possiamo immaginare e averne consapevolezza sin da giovani consente di poter governare la nostra vita e non attribuire al caso una serie di eventi che accadono molto più ricorrentemente di quello che possiamo immaginare.
Se dovessi stilare una lista in 5 punti per sintetizzare cosa è bene fare o evitare per vivere al meglio il Networking cosa diresti?
Il primo punto: fare networking è avere consapevolezza di sé e di scoprirsi maggiormente nella relazione; difficile fare network se si è sempre costantemente a recriminare verso il mondo e verso gli altri. Occorre fare quanto prima e in modo gentile pace con se stessi. Il secondo punto è frequentare persone e ambienti diversi da noi, farsi contaminare da nuove persone e migliori di noi e leggere almeno un libro al mese. Il terzo punto è identificare contesti e luoghi di prossimità, come possono essere le associazioni, dove potersi tenere aggiornati e in costante collegamento con altre persone per evolvere, imparare, assorbire confrontarsi e creare nuove connessioni giornaliere. Il quarto punto è dedicare ogni giorno del tempo (anche fosse solo cinque minuti) a mantenere relazioni di valore con gli altri: le relazioni come le informazioni si perdono quindi se non sono attento a mantenerle rischio di far diventare molte relazioni legami dormienti. Il punto quinto e più importante credo che sia il mindset e cioè non agire le relazioni come se dovessimo necessariamente portarci a casa del business: la bellezza di una relazione è riscoprirsi nella genuinità del dare, dello scambio disinteressato, della possibilità di costruire una relazione fiduciaria attraverso cui possiamo sostenere le persone in ogni aspetto della vita personale professionale ed essere anche sostenuti.
Hai un’importante esperienza nel mondo Risorse Umane (HR). La nostra professione non è sempre molto ben compresa, come la spiegheresti ai “non addetti al lavoro”?
La nostra professione è qualcosa di straordinario perché ti consente ogni giorno di entrare in contatto con il complesso, straordinario e per certi versi inspiegabile mondo delle relazioni e di quello che muove e anima la vita delle persone e anche di quella delle organizzazioni. Lavorare nelle risorse umane vuol dire lavorare con le persone e per le persone nelle organizzazioni e creare le condizioni abilitanti perché le persone possano tirare fuori il meglio di sé, sia nel contesto professionale ma anche nel contesto personale: una persona pienamente soddisfatta di sé nel lavoro e nella vita diventa una persona generativa di valore anche per la società in cui è inserita.
Che consigli ti senti di condividere, invece, con chi si sta avvicinando ora alla professione HR?
La professione HR è una professione che ha tante e diversificate dimensioni e oggi il ruolo si sta evolvendo, la società si sta evolvendo, le relazioni si stanno evolvendo. Tutta questa profonda trasformazione è rivoluzionata dall’intelligenza artificiale. Chi si avvicina al mondo HR deve conoscere il mondo organizzativo e delle relazioni nella sua complessità per cui suggerirei di leggere tanto sulle organizzazioni, sulle persone, di frequentare delle associazioni dove un giovane possa trovare quello che ritengo sia il valore maggiore e insostituibile: quello dell’esperienza magari attraverso uno o più tutor e mentor che vogliano condividerla con un giovane.
Ti occupi molto di orientamento. Qual è secondo te la domanda più potente per aiutarci a orientarci e/o riorientarci professionalmente?
Io credo che l’orientamento abbia bisogno di struttura e di tante domande per accompagnarci nella consapevolezza di chi siamo, di chi vogliamo diventare, del perché siamo in questo mondo e qual è la nostra missione nel lavoro. Il Manifesto della Scuola fatto da Aidp e Forum della Meritocrazia va proprio in queta direzione. Allo stesso modo ha bisogno di occasioni e luoghi di prossimità per far capire ad un giovane la complessità dell’evoluzione dei mestieri e confrontarsi con chi questi mestieri li vive tutti i giorni. Un orientamento forte dovrebbe essere un potente abilitatore dei talenti (spesso nascosti per tutta una vita), che hanno bisogno di emergere in ognuno di noi. Proprio perché tutto questo non è sempre facile dobbiamo avere forza, metodo e coraggio di farci aiutare da persone in grado di tirare fuori il meglio di noi altrimenti il rischio è che questi talenti rimangano dormienti per tutta una vita.
Ti chiedo di salutarci condividendo la tua migliore “abitudine” in termini di Networking
La migliore abitudine potrei sintetizzarla dicendo che il momento migliore per fare (o iniziare a fare network) è oggi. Se siamo troppo presi dalle nostre attività e non abbiamo il tempo da dedicare agli altri occorre fermarsi e riequilibrare urgentemente il sistema. L’unico spazio reale, profondo e vibrante che abbiamo è il presente e occorre viverlo non solo per se stessi ma anche per gli altri. Il mio suggerimento è di trovare e donarsi il tempo di fare network e nel fare network portare in dono qualcosa all’altro, per per far sì che quando se ne andrà da te avrà una sensazione piacevole o si sentirà migliore di come è arrivato. E nell’incontro ricordarsi di ringraziare la persona per il tempo e per quello che vi siete donati: e io non posso che ringraziarti di cuore per questa bella intervista.
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Grazie a te Marco per la tua condivisione e per questo non scontato grazie finale! Sottolineo, in questa chiusura di intervista, il tuo suggerimento del grazie perché ne abbiamo sempre più bisogno. E mi hai sollecitato una riflessione personale: il grazie, come il sorriso, apre il cuore e aumenta le opportunità. Credo sia sempre preferibile abbondare quando si tratta di ringraziamenti e riconoscimenti. Si dovrebbe fare per empatia, umanità e leadership e come lui ha ribadito per intelligenza relazionale: saper ringraziare denota l’autentica capacità della persona di ri-conoscere l’importanza delle relazioni costruttive. Non siamo mai soli, ma l’insieme delle esperienze fatte con le persone e quando lo dimentichiamo – o peggio ancora volutamente non lo riconosciamo – diciamo molto di noi e rompiamo sicuramente la fiducia.
– Ritratto di Marco Vigini
– Foto di copertina Pavel Neznanov su Unsplash