Aprile 10, 2024

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“Se le tue azioni ispirano gli altri a sognare di più, imparare di più, fare di più e diventare di più, sei un leader.”

Parto con la citazione di John Quincy Adams per evidenziare da subito l’obiettivo con cui scelgo di ospitare Professionisti: condividere la loro esperienza, fonte di ispirazione, di valore per chi cerca stimoli per apprendere, sognare e fare di più. Coinvolgo persone che ritengo essere leader di se stesse prima di tutto, ovvero chi fa accadere le cose, a partire dal proprio successo (che per me è il raggiungimento dei propri obiettivi professionali, ben definiti) e che non aspetta l’opportunità ma la costruisce.

Per questa nuova intervista ho pensato di coinvolgere Ernesto D’Amato, Founder and CEO of Radar Consulting Group

Ernesto D’Amato: un CEO alla guida di una grandissima crescita aziendale

Ciao Ernesto, come letto anche nel tuo Job Title, sei un imprenditore nel settore delle risorse umane; ci racconti qualcosa di meno noto su di te?
Mi ritengo una persona normalissima che ha avuto diverse difficoltà nella fase di transizione studio-lavoro, nell’inserimento qualificato nel mondo del lavoro. Sono un professionista realizzato ma che è arrivato alla posizione professionale appagante attraverso un percorso apparentemente non lineare e attraversando varie situazioni frustranti, che però mi hanno rafforzato. Nei primi anni non mi sono sentito adeguato professionalmente al mondo del lavoro e ho dovuto trovare delle soluzioni per riuscire a realizzarmi. È stata proprio questa mia storia personale che mi ha permesso, anni dopo, di pensare concretamente a qualcosa di utile e di valore a beneficio degli altri; così è nata Radar Academy (Spin-Off della società di Recruiting Radar Consulting), di cui sono oggi Founder.

Se ti dovessi presentare con un’immagine metaforica quale sceglieresti e perché?
Scelgo l’immagine di Siddharta per il percorso, per la sua ricerca della strada. Attraverso questa immagine sottolineo la mia visione di realizzazione attraverso diversificate esperienze, che non sono mai una perdita di tempo ma una leva su cui costruire e che permettono di arrivare alla meta. Ciò che sono oggi lo devo alla mia ricerca, ai miei tentativi, ai miei sacrifici.

Ci racconti qualcosa in più del tuo percorso di studi, fino a ricondurlo alla tua esperienza lavorativa attuale (ti sto chiedendo una sorta di “teoria dei puntini” alla Steve Jobs)?
Dopo gli studi classici, non sapendo bene cosa fare, ho scelto la Facoltà di Giurisprudenza, desiderando una preparazione spendibile in più ambiti. Una volta laureato, anche per non deludere le aspettative della mia famiglia intraprendendo un percorso diverso, ho voluto provare la continuità e ho fatto la pratica legale (era molte forte, nella mia famiglia, come nella cultura delle generazioni precedenti, l’idea che un percorso andasse concluso: fatta una scelta, andare fuori dal percorso era ritenuto molto rischioso).
In questa prima esperienza, però, già nei primi mesi mi accorsi di non avere la propensione e le conoscenze per farlo, non mi riuscivo a vedere avvocato nel medio e nel lungo periodo. Ancora ricordo lucidamente le mie ricerche online, quando internet era molto lento, e quel giorno in cui mi comparì un contenuto sulla selezione del personale, una figura che ai tempi non conoscevo. Erano i primissimi anni 2000, rimasi affascinato da quella professione e così decisi di intraprendere un Master in Risorse Umane a Roma: un po’ di sacrifici miei e un aiuto della mia famiglia. Quel Master fu illuminante, confermò il mio amore per la selezione e aggiunse quello per la formazione. Finito il Master iniziai uno stage in un’Agenzia per il lavoro dalle mie parti (io sono di un paesino vicino Pescara), ma da subito non c’era possibilità di inserimento nell’organico. Dopo questa esperienza, entrai in una società di Head Hunting a Milano ma qui la vita era costosissima e non riuscivo a ripagarmi l’affitto così, dopo sei mesi, terminò anche questa e tornai nel mio paese. Fu però importantissima come esperienza sia per la formazione interna come Head Hunter, sia per l’autonomia che mi permise di sviluppare un metodo lavorativo che ancora oggi seguo.
Dopo tanti CV inviati dal mio paese, dove ero tornato un po’ “con la coda fra le gambe” senza aver trovato un lavoro che mi permettesse di sostenermi, e parecchia frustrazione, riuscii ad entrare come consulente commerciale in un’altra Agenzia per il Lavoro. Poi una nuova opportunità: mi chiamò una grande realtà su Roma, in una bellissima sede, e qui finalmente guadagnai il mio primo contratto a tempo indeterminato. Ho parlato di sacrifici e difficoltà perché, come si può ora intuire, il primo contratto l’ho avuto a più di 30 anni. Laureato a 25 anni, ho dovuto fare diverse esperienze e tanta gavetta – trasferendomi da un posto all’altro senza tanti soldi – prima di arrivare ad una stabilità professionale.
Un nuovo passaggio in un’altra azienda, questa volta di formazione, ed ecco un altro “Sliding Doors” nella mia vita. Era il 2008 e fui investito anche io dalle crisi aziendali e proprio da questa partì la mia idea di fondare Radar Consulting, società di Recruiting. Decisi di aprirla con quello che avevo, nel mio paese di 5.000 abitanti, anche per motivi economici perché in altre città non sarei realisticamente riuscito. Era il 2010, oggi, una scelta del genere si potrebbe fare più facilmente con tutta le tecnologia che c’è e che permette di vedersi online (a quei tempi c’era un po’ di tecnologia ma non era culturalmente accettato l’incontro digitale).
Per lanciare l’azienda la scelta del luogo ha, quindi, aumentato le fatiche per i tanti spostamenti; pur avendomi richiesto maggiori sacrifici, però, mi ha permesso di temprarmi, di visitare ancora di più le aziende, di sviluppare diverse competenze. E proprio per questo oggi fatico a comprendere i giovani che non visitano l’azienda in fase di selezione ma anche dopo, non vanno a farsi un’idea osservando i luoghi fisici e le persone. Entrare in un’azienda ti forma, ti permette di capire la cultura, i processi, le dinamiche aziendali, il Business, aumenta le opportunità.
I miei incontri con le tante aziende mi hanno plasmato e mi hanno dato quel “quid” in più. Io infatti non penso di essere mai stato un grande talento, a scuola ho faticato ad esprimermi ma il fatto di aver girato tanto, di aver conosciuto da vicino molte organizzazioni, mi ha permesso di entrare e valorizzare al meglio il mio Business Model attuale. L’azienda che guido oggi è così grazie a tutti i giri che ho fatto e alle diverse possibilità che ho avuto di toccare con mano le aziende e la loro cultura.
Sviluppando i servizi di Recruiting per Radar, ho raccolto un doppio bisogno: quello delle aziende di avere giovani e di averli più preparati al mondo del lavoro e le difficoltà dei giovani ad entrare nelle organizzazioni. Così è nato il primo Master in Risorse Umane a Pescara. Da questo primo, un secondo a Milano. Successivamente, facendo selezione in ambito Sales & Marketing, l’idea di pensare un Master anche in questo ambito. Dopo i primi due Master in due città, ho creato il modello su più sedi nelle principali città metropolitane e in parallelo ho costruito la rete di Partnership e di Aziende per dare un Boost all’Academy e garantire il Placement, che resta la motivazione prevalente per cui un giovane si avvicina a questa offerta formativa. È il principale bisogno degli studenti quello di entrare in una realtà lavorativa e di ricevere un “Career Coaching” ed è quello che noi mettiamo al centro grazie anche alla nostra Expertise nel Recruiting.

Hai scritto “Il manuale delle risorse umane. Scritto da manager per futuri manager”. Cosa rende distintivo questo libro?
È un testo che raccoglie le buone pratiche reali di tanti Manager e questo lo rende pragmatico. Non si parte dalla teoria, segue lo stesso approccio che applico alla formazione: partire dalla pratica.

Radar Academy è nata nel 2017 ed è passata in pochissimo tempo da 6 a 20 proposte formative in 13 sedi sul territorio italiano e probabilmente anche per questo motivo siete stati inseriti nella classifica del “Financial Times” tra le “Europe’s Fastest Growing Companies” (“FT 1000: Europe’s Fastest Growing Companies”). Ma come avete fatto? Mi sembra davvero una grande impresa!
Il primo elemento è l’essere partiti dal voler rispondere a un problema concreto e sentito, dal desiderio di migliorare la vita degli altri, quindi non dall’idea di fare Business e soldi, che eventualmente arrivano dopo se prima si risponde a un bisogno degli altri. Onestamente io non sono partito con il Business Plan, ho già detto che mi ha mosso la mia esperienza personale; il piano industriale l’ho fatto solo l’anno scorso, dopo 13 anni che esisteva già Radar.
L’altro importante elemento, più tecnico, è la logica della scalabilità: quando un progetto funziona si replica, estendendolo per categoria e linee di produzione.
Infine, l’approccio etico: avere in organizzazione una base solida, chiara e corretta. Seguendo questi valori, li ricerchiamo nelle persone che vogliono lavorare con noi per garantire l’allineamento valoriale, perché sono loro la più importante interfaccia con i clienti.

Con l’Academy vi rivolgete in modo particolare a giovani laureati, alla “Generazione Z”. Fermo restando che io non amo le etichette, ci sono e se sì quali sono le caratteristiche che riscontrate come elementi differenzianti rispetto alle precedenti generazioni?
Tra le caratteristiche che emergono maggiormente c’è la loro naturale propensione al digitale e, contemporaneamente, ci sono una forte attenzione al bilanciamento vita-lavoro e al benessere e il minor focus sulla carriera. Quello che sembrano desiderare è una guida in grado di orientarli. E a proposito di guida, vista l’importanza da loro attribuita al “Work-Life Balance”, che tendono a interpretare prevalentemente nel senso di lavoro da remoto, è importante orientarli anche nelle criticità del lavoro a distanza. Solo per citare uno degli aspetti critici: gli ostacoli alla carriera. Per crescere hanno bisogno di essere visti veramente a 360 gradi, di crearsi delle occasioni per mettersi in luce, fuori dagli schermi e tra i corridoi. Anche nel caso in cui si rifiuti la parola carriera, resta vero il fatto che per avere una vita con migliori condizioni i salti vanno fatti.
Credo comunque che sia importante non ridurre “tutta l’erba a un fascio” e, soprattutto, che sia fondamentale non condizionare troppo i giovani con la narrativa su di loro.

Avete istituito il premio “Company for Generation Z” per premiare le aziende che maggiormente hanno investito sulla “Generazione Z”; puoi dirci a grandi linee quali sembrano essere le politiche concrete di attrazione, occupazione e valorizzazione dei talenti maggiormente apprezzate?
Tra le iniziative portate avanti particolare attenzione le ricoprono oggi quelle dedicate alla diversità, che è un tema molto sentito dalla “Generazione Z”. Contemporaneamente, tutto ciò che permette il benessere in azienda, il Welfare: la possibilità di mettere le persone a lavorare nelle condizioni migliori e il più flessibile possibile. In linea generale, tutte queste aziende premiate sono molto lontane dalla rigidità, considerata ormai obsoleta.

Avendo all’interno del Gruppo una società di Recruiting, hai accesso a un privilegiato “osservatorio del mercato del lavoro”. Quali sono le professioni più richieste?
Più che di professioni richieste, che cambieranno a mio avviso tutte nel giro dei prossimi 5 anni perché stiamo vivendo già – forse inconsapevolmente ancora – l’impatto dell’intelligenza artificiale, preferisco parlare di competenze.
Le competenze Soft sono quelle che garantiscono e garantiranno maggiore “Employability”, penso ad esempio alla capacità di analisi e di concentrazione, alla risoluzione di problemi, ecc. E continuano ad essere queste l’oggetto più sfidante per la formazione: è la formazione che deve fare in modo di svilupparle e allenarle costantemente.

A chi consigli di intraprendere un master e perché?
Direi a tutti e la mia storia è una testimonianza. Il primo master l’ho fatto per avere un’identità professionale, un valore da “vendere” nel mercato del lavoro. Nel mercato c’è chi vende e chi compra, se non ti sai vendere o non hai nulla da offrire, il mercato non ti può pagare o ti paga poco.
Gli altri master successivamente li ho fatti per cultura manageriale e per migliorare la professionalità (Sales & Marketing, poi uno sul Coaching e l’ultimo sullo Scalability Management).
In sintesi, in continuità con l’importanza della formazione continua: un master è sempre una scelta giusta perché offre un impatto in termini di abilità, conoscenze, esperienze. E poi di rete e Networking, che è un’altra importante motivazione per farlo. Ovviamente va sempre valutato bene quando e quale fare, partendo dall’obiettivo personale ben identificato.

Ti chiedo di salutarci con la tua citazione preferita
Scelgo una frase per dare un messaggio anche ai giovani che stanno entrando nel mondo del lavoro, per valorizzare l’importanza della gavetta: “La salita è dura ma quando arrivi in cima il panorama è fantastico.”

– Ritratto di Ernesto D’Amato
– Foto di copertina di Explore with Joshua su Unsplash 

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