Gennaio 10, 2022

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“Se le tue azioni ispirano gli altri a sognare di più, imparare di più, fare di più e diventare di più, sei un leader.”

Parto con la citazione di John Quincy Adams per evidenziare da subito l’obiettivo con cui scelgo di ospitare Professionisti: condividere la loro esperienza, fonte di ispirazione, di valore per chi cerca stimoli per apprendere, sognare e fare di più. Coinvolgo persone che ritengo essere leader di se stesse prima di tutto, ovvero chi fa accadere le cose, a partire dal proprio successo (che per me è il raggiungimento dei propri obiettivi professionali, ben definiti) e che non aspetta l’opportunità ma la costruisce.

Per questa nuova intervista ho pensato di coinvolgere Giada Susca, Senior HR Innovazione e Sviluppo – People Engager – Trainer – Speaker – #GalateoDigitale Founder

Ciao Giada, cercandoti online (azione che entrambe consigliamo sempre di fare per avere consapevolezza di ciò che la rete restituisce su di noi) si trovano diverse informazioni su di te. Sappiamo che sei laureata in Scienze dell’Educazione, Master in Direzione del Personale e che hai maturato una pluriennale esperienza in un’azienda multinazionale leader del settore IT – Hewlett Packard – nella quale hai ricoperto posizioni in ambito Servizi, Finance e Risorse Umane, occupandoti di Training, People Development e Internal Communication. Sei esperta di Employer & Personal Branding, Trainer e Formatrice; possiedi un focus su innovazione, competenze digitali e sviluppo organizzativo. Da gennaio 2017, con me, sei inoltre Founder del progetto #GalateoLinkedin, un’iniziativa volta a rendere LinkedIn uno strumento di lavoro e networking sempre più efficace, oggi diventato il più esteso #GalateoDigitale. Insieme, per GIUNTI, abbiamo scritto il libro: «#GalateoLinkedIn: educazione civica, identità digitale e mondo del lavoro». Cosa puoi aggiungere con un tweet e con un’immagine metaforica per raccontarci qualcosa in più di te?

Grazie Valentina per questo invito emozionante! Scelgo di presentarmi con un’immagine che ho deciso di ‘portare sempre con me’: il mio tatuaggio punto interrogativo, che rappresenta la mia natura curiosa e attenta ai dettagli (sono convinta che la curiosità sia una competenza indispensabile per affrontare le sfide quotidiane), che mi sprona a chiedermi sempre il “perché” delle cose – consapevole che non sempre si possono ottenere delle risposte – e che è posizionato in un punto particolare e visibile del mio corpo, in modo che possa essere uno stimolo anche per chi con me si relaziona.
Alla presentazione introduttiva posso invece aggiungere che non ho mai desiderato essere monodimensionale, ho perseguito i miei sogni, li ho trasformati in progetti, ho attraversato percorsi tortuosi e difficili che mi sono serviti per dare seguito alle mie aspirazioni. Ho fortemente ricercato l’indipendenza nei pensieri e nelle azioni, ho assecondato i cambiamenti e spesso li ho anticipati. Ho studiato tanto durante e dopo il lavoro e continuo a farlo tutti i giorni e vivo di diversificate passioni. Per sintetizzare tutto questo uso una frase che per me rappresenta proprio un mònito: “sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”.

Qual è l’ultimo libro che hai letto, quale il prossimo che leggerai e perché li hai scelti?

L’ultimo libro che ha lasciato una ‘traccia significativa’ nella mia testa è stato Humanocracy – Imprese straordinarie come le loro Persone – di Dr. Gary P. Hamel e Michele Zanini – edizioni Ayros. Ricercavo fortemente concretezza, buoni suggerimenti e una serie di domande stimolo per mettermi alla prova come organizzazione e come Persona e, devo dire che in questo libro ho trovato esattamente quello che cercavo, tra cui questo spunto che condivido “Non si può risolvere un problema realmente nuovo, come costruire organizzazioni che siano completamente umane, basandosi su principi fossilizzati (…) Se l’obiettivo è costruire un’umanocrazia, la sola attenzione ai processi è insufficiente”: mi è sembrato un ottimo punto di partenza per mettersi al lavoro e ripensare le organizzazioni.
Il prossimo libro che leggerò (anzi, lo sto leggendo in questi giorni) è Community – la struttura dell’appartenenza, di Peter Block. Anche in questo caso, imparare da esperienze di chi ha sperimentato e non teorizza solamente, è sicuramente fonte di ispirazione concreta. Mi sono soffermata nelle prime pagine del libro, su un concetto a me caro – che è quello di artista: “se l’artista è qualcuno che cattura la sfumatura dell’esperienza, allora è questo che ognuno di noi deve diventare”.

Ti propongo un piccolo esercizio: disegnare la mappa dei puntini che ti hanno portato a ricoprire il ruolo di oggi, evidenziando le tappe centrali, considerando anche gli studi.
Guarda che la mappa la disegno davvero (disegnare mappe, un’altra delle mie passioni 😊 che mi permette di esercitare la capacità di sintesi)!

Condividi con noi la tua definizione di lavoro in “Risorse Umane”?

Questo è un esercizio che faccio sempre fare agli studenti che ho la fortuna di seguire come docente nei Master in Risorse Umane e sono felice che qualcuno oggi lo chieda a me. In molti sostengono che la funzione HR sia malata, debole, affaticata, non focalizzata, incancrenita; che dolore! Eppure mai come in questo momento storico, chi si occupa di Persone e vive questa professione come vocazione, ha il compito di guidare il cambiamento per migliorare la vita lavorativa e non scivolare di nuovo nei modi tradizionali di pensare e lavorare. Lavorare nelle Risorse Umane significa, oltre fare il lavoro più bello del mondo of course, essere “designer”. Questo presuppone una nuova semantica: uscire dalla logica della “gestione” e sostituire questo con “cura”. Avere cura delle proprie Persone significa quindi osservarle, essere “presenza” nei percorsi di fatica così come in quelli di evoluzione, affiancarle nelle paure inevitabili del nostro tempo, sostenerle nelle cadute dando loro la capacità di trovare nell’incertezza una nuova direzione.  Significa aiutarle ad uscire da una logica di perfezione che rasenta il perfezionismo e guidarle nel riscoprire il senso che gravita attorno a quello che si fa.  È un percorso che richiede investimento di tempo e soprattutto, voglia di prendere una reale posizione nell’affiancamento professionale affinché il lavoro sia davvero occasione di ‘fioritura’.

 

Adesso una domanda spinosa. Chi è secondo te un “bravo” HR? Non ti chiedo nomi, quanto più Mindset e competenze.

Non credo siano necessari dei superpoteri. Il mondo del lavoro è decisamente cambiato e oggi non è più possibile applicare soluzioni generaliste, esclusivamente top down, in modalità franchising “che vanno bene a tutti”. Le Persone necessitano di pazienza, ascolto e vanno stimolate per costruire un cammino ‘assieme’ che garantisca sviluppo e crescita. Per fare questo un bravo HR dovrebbe essere in grado di aprire spazi di confronto attorno ai temi delle passioni, delle competenze trasversali, co-disegnando il percorso professionale con il contributo creativo delle Persone.  È impensabile che oggi un HR sia (anche se virtualmente) chiuso in un ufficio e nel suo mondo; sono fondamentali i contatti, i confronti, le contaminazioni con i diversi ruoli e seniority, lo studio costante, l’osservazione del contesto, lo sviluppo di competenze digitali; questo permetterebbe anche di cogliere la grande opportunità che l’epoca di cambiamento sta offrendo alla funzione HR, ovvero quella di consolidare la responsabilità di essere guida, con un ruolo nuovo, ampio, di raccordo e facilitazione.

Proseguo con le domande critiche. Allineata alla precedente: chi è un bravo capo?

Non ho ricette preconfezionate, ma in questi 21 anni di esperienza professionale ho avuto diversi capi da cui ho imparato tanto, anche ciò che non voglio assolutamente essere. Per cui, pensando ai capi che ho avuto e a quello che mi impegno a fare ogni volta che ho la responsabilità di essere guida, ti dico che per me un bravo capo è:

  • la Persona capace di trasmettere una chiara visione (come sostiene Sebastiano Zanolli “non c’è nulla di peggio, per le Persone che dover provare a indovinare quello che stanno facendo e in che direzione stanno andando…”),  
  • in grado di ascoltare empaticamente bisogni espressi e non espressi (soprattutto nel modello ibrido di lavoro diffuso e distribuito dove la logica dell’attenzione va spostata sull’ascolto “mentre le cose accadono” e non solo sul cosa e come),
  • che abbia il coraggio di compiere scelte anche rischiose (combattere la mediocrità, investire nei talenti, disegnare percorsi di sviluppo flessibili facendo crescere le Persone come ‘professionisti indipendenti” secondo aspirazioni e competenze, insegnando loro a lavorare in autonomia e libertà dai luoghi che preferiscono e trasformando gli uffici in hub di collaborazione e laboratori di idee), 
  • che promuova la capacità di lavorare con il sorriso avendo un giusto equilibrio tra vita privata e vita lavorativa senza far sentire in colpa le Persone, 
  • che abbia la premura di coltivare un clima di sostegno e un’atmosfera serena, basata su interazioni sincere e proficue, avendo sempre il focus puntato sul valore umano.

Ti ho presentata come “multipotenziale”, in quanto la tua curiosità ti ha portata a sviluppare negli anni competenze provenienti da diversi mondi. Tra queste, ad esempio: HR, Comunicazione, IT. Conoscendoti di persona, so che hai talenti variegati anche nella sfera personale. Penso al gruppo “Degni di Nota”, nel quale canti o alla tua capacità di organizzare eventi di ogni tipo. Se dovessi scegliere una sola attività, tra quelle personali e professionali, a quale non rinunceresti?

Se ci pensi, in ognuna delle attività che porto avanti personalmente e professionalmente, c’è un filo rosso che lega tutto: essere insieme alle Persone. È questo il driver che credo sia proprio scolpito nel mio DNA, ovvero la voglia di creare ovunque delle piccole o grandi Community di senso, che sappiano trarre valore dall’incontro e che via via, possano espandersi e crescere. È un po’ il valore dell’”essere network” al quale non rinuncio e che rappresenta quindi la mia risposta. 

Sei un’appassionata di Relazioni, di Storie Umane, di Networking. Se potessi scegliere una persona del passato, del presente o magari del futuro, con chi andresti a cena per un confronto in stile Mentoring e perché?

Sono abituata a dare forma alle parole e trasformare i pensieri in azioni concrete, motivo per il quale scelgo una Persona che potrei davvero incontrare: mi piacerebbe invitare a cena Guido Stratta, Direttore People & Organisation Gruppo Enel, per un confronto sui temi della gentilezza e di come sviluppare questo comportamento nelle organizzazioni senza pensare che si tratti solo di teoria poco applicabile ai contesti aziendali. 

Mi sono autocitata nella tua presentazione perché abbiamo portato avanti – e continuiamo a farlo – diversi progetti insieme e la nostra storia è un esempio di networking costruttivo. Ti va di raccontarla con il tuo punto di vista?

La nostra storia è l’esempio lampante di un networking di valore; ti ho aggiunta su LinkedIn perché avevo letto dei tuoi contenuti in linea con la mia professione. Con una richiesta personalizzata, esprimendoti stima per i tuoi contributi, ti ho chiesto di entrare a far parte della mia rete. Dopo scambi virtuali legati al mondo del lavoro e dei suoi cambiamenti, abbiamo deciso di incontrarci, seppur entrambe impegnate professionalmente in altri contesti senza nessun obiettivo legato alla ricerca di opportunità lavorative: mi piace sottolinearlo perché spesso l’errore più grande che si compie in un rapporto virtuale professionale è quello di aspettarsi con pretesa (e opportunismo) che l’altro debba fare qualcosa per te (“prima di pretendere qualcosa prova a pensare a quello che dai tu”). Dopo l’incontro in presenza, ancora scambi virtuali e poi nel 2017 la nascita di #GalateoLinkedIn (oggi il più esteso #GalateoDigitale), la scrittura di un libro e la successiva collaborazione su diversi progetti di consulenza aziendale che portiamo avanti insieme ancora oggi. Credo fortemente che il nostro punto di forza più grande sia la nostra diversità: competenze e stili relazionali diversificati che insieme però costituiscono il nostro senso e la nostra complementarietà. 

Ultima domanda: ho condiviso la tua anima da “cantante a tempo libero”. Seguendo questa vocazione, ti chiedo quale canzone dedicheresti a chi sta leggendo questa nostra intervista ispirazionale. 

Meno male che non mi hai chiesto la mia canzone preferita! Avrei avuto difficoltà a fare una scelta univoca, mentre dovendo scegliere una dedica per chi ci sta leggendo, suggerisco di ascoltare un’ultima nuova uscita che si chiama “Luce” di Mengoni. Oltre alla bellezza della musica e l’esaltazione della dimensione corale (eh si, un’altra mia passione) rappresenta una bellissima storia introspettiva di una Persona in cammino e, per riportarla nel mondo professionale, un bellissimo manifesto di propositi e belle intenzioni per chiarire dove vogliamo andare e con quali sentimenti arrivarci. 

“Difendimi dai lunghi inverni

Da tutti i dubbi che non ho

Dal mondo che mi aspetta fuori

Dalle mie incertezze

Dai miei stessi errori che puntualmente rifarò

Difendimi dai miei pensieri

Che tornano ogni volta qui

Da quell’idea superficiale

Che da un lato è il bene e l’altro lato è il male

E in fondo non è mai così

E insegnami a fluire come le onde

Che si infrangono continuamente in fondo al dolce niente

Ed anche quando sembro in grado di scalare il mondo

Almeno tu difendi le mie insicurezze …”

Foto di Simone Secci su Unsplash

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