Ottobre 14, 2021

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“Se le tue azioni ispirano gli altri a sognare di più, imparare di più, fare di più e diventare di più, sei un leader.”

Parto con la citazione di John Quincy Adams per evidenziare da subito l’obiettivo con cui scelgo di ospitare Professionisti: condividere la loro esperienza, fonte di ispirazione, di valore per chi cerca stimoli per apprendere, sognare e fare di più. Coinvolgo persone che ritengo essere leader di se stesse prima di tutto, ovvero chi fa accadere le cose, a partire dal proprio successo (che per me è il raggiungimento dei propri obiettivi professionali, ben definiti) e che non aspetta l’opportunità ma la costruisce.

Per questa nuova intervista ho pensato di coinvolgere Luca Furfaro, consulente del lavoro – welfare specialist.

Ciao Luca, per prima cosa ti chiedo di presentarti con un’immagine

Ciao Valentina, molto difficile come domanda, penso ad un mare d’inverno, non noioso ed in continuo movimento.

Operi nel campo della consulenza del lavoro e giuslavoristica, occupandoti di gestione delle risorse umane, welfare aziendale, amministrazione del personale ed elaborazione paghe (cedolini paga o buste paga). Sei stato prima vice presidente e poi presidente dell’associazione dei Giovani Consulenti del lavoro di Torino, ruolo ricoperto sino al 2019. Sei appassionato della materia giuslavoristica in particolare collegata all’innovazione tecnologica. Con un tweet, cosa ci dici in più su di te?

Mi piace quello che faccio e cerco di farlo bene. Quanto è lungo adesso un tweet?

Luca Furfaro, il consulente del lavoro, esperto in welfare, con la passione per la tecnologiaChe lavoro sognavi di fare da bambino e cosa diresti oggi a quel bambino rispetto al tuo ruolo attuale?

Da bambino? Forse il calciatore o il campione sportivo…Direi a quel bambino che nel calcio e nello sport non ha futuro, ma che potrà comunque trovare qualcosa che lo faccia sentire appagato e felice. In ogni caso io mantengo una parte da bambino che sogna di fare qualcosa di nuovo.

Ti propongo un piccolo esercizio: disegnare la mappa dei puntini che ti hanno portato a ricoprire il ruolo di oggi, evidenziando le tappe centrali, considerando anche gli studi

Il primo puntino lo metterei nella mia scuola superiore nella quale mi sono diplomato in ragioneria. Questa è stata una base tecnica economica molto importante per la mia carriera; mi capita spesso di rispolverare concetti appresi ed ampliarli con l’esperienza che ne è seguita. Un altro puntino della mia mappa è stata la laurea che ha unito le materie umanistiche a quelle tecniche creando quel background.
Ma oltre agli studi ci sono gli aspetti familiari e professionali che mi hanno guidato fino a qui: ho fatto molti lavori duranti gli studi per arrivare fino alla consulenza del lavoro. La creazione e la crescita del mio Studio come consulente del lavoro è stato un punto d’arrivo, al quale non sarei potuto giungere senza il supporto dei miei familiari.
Diventare poi presidente dei Giovani consulenti del lavoro di Torino mi ha fatto apprezzare ancora di più la professione, e mi ha fatto anche capire quanto volessi impegnarmi nella sua promozione. Oggi le sfide sono sempre più grandi e più impegnative, alcune tappe sono professionalmente molto appaganti e rimangono nel mio percorso professionale come esperienza e come sprone a continuare in questa strada.

In presentazione abbiamo detto che sei appassionato dei temi giuslavoristici collegati all’innovazione tecnologica. Come è nata questa passione e, soprattutto, come la coltivi considerando la velocità degli aggiornamenti?

Leggo tantissimo, e dopo aver letto scrivo, ragiono, provo anche a trovare altri punti di vista. Trovo che la normativa e l’innovazione abbiano due velocità completamente differenti; ho sempre visto l’innovazione come qualcosa che deve essere accompagnata, gestita, ma anche cavalcata. Il mondo del lavoro ha sempre avuto paura dell’innovazione tecnologica, ma questa paura non ha mai avuto un riscontro tangibile, poiché le condizioni lavorative, grazie all’innovazione sono migliorate. Il mio primo interesse sull’argomento in realtà è nato proprio nel percorso universitario con una tesi sulla disoccupazione o occupazione tecnologica.

Tu hai vissuto il COVID attraverso le esperienze di tante organizzazioni che segui. Cosa ha rappresentato per te, nel tuo lavoro, questa pandemia?

Come per tutti è stato un periodo duro, per tutti i consulenti del lavoro vissuto a lavorare senza sosta ed ad analizzare le normative, spesso incomplete e incerte, di carattere emergenziale. È stato però un modo per fare vedere cosa significa avere un consulente del lavoro che segue l’azienda e che la guida passo dopo passo.

Non posso non parlare proprio con te di Smart Working, o meglio, noi ne discutiamo molto nei nostri scambi, abbiamo anche fatto un Webinar insieme lo scorso giugno. Come vedi questo spaccamento tra chi chiede di rientrare e chi invece sta assumendo persone in altre parti d’Italia, specialmente al Sud? In modo specifico, ti faccio una domanda quasi impossibile: come andrà a finire tutta questa discussione in termini organizzativi?

Bisogna arrivare alla normalità, ad una situazione non emergenziale e poi da lì partire. Secondo me si apre una nuova stagione di gestione delle organizzazioni. Parleremo ancora di Smart Working, perché non si torna indietro, ma parleremo anche di telelavoro. Con il tempo riusciremo ad inquadrare veramente bene le diverse situazioni; capiremo che non è una questione di luogo dove si svolge la prestazione ma di come si svolge la prestazione.

Welfare, vera priorità nelle organizzazioni. Sei un esperto, ne hai scritto anche un libro. Cosa vedi più funzionare tra le modalità di welfare e perchè? Se dovessi consigliare ad un’azienda di puntare in modo particolare su una leva specifica, cosa consiglieresti?

Il mio consiglio è coinvolgere il personale dipendente. Fare welfare aziendale significa “solo” far star bene il personale dipendente, e non tutti sono uguali ed hanno le stesse necessità per stare bene. Ascoltare il dipendente è la prima forma di welfare, ed è anche quella che costa di meno. Il mio consiglio è quello di aprirsi ad un welfare che vada oltre le mura aziendali e che spazi verso una responsabilità sociale d’impresa.

Ritengo che il networking sia di fondamentale importanza nel mondo del lavoro. Cosa ne pensi, hai una storia o un esempio da condividere con noi?

Penso che il networking fatto bene sia quello che ci arricchisce di contenuti e di conoscenza ed è fondamentale per la crescita personale. Ho conosciuto molte persone facendo networking, ed è una grande opportunità per poi comprendere se condividono i tuoi stessi valori o se vogliono solo “venderti qualcosa”. Bhe, un esempio? Sono qua a confrontarmi con te per il networking.

Ci saluti con la tua citazione preferita?

Il successo non è definitivo, il fallimento non è fatale: ciò che conta è il coraggio di andare avanti.
(Winston Churchill)

Foto di Polina Kuzovkova su Unsplash

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