Luglio 19, 2021

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“Se le tue azioni ispirano gli altri a sognare di più, imparare di più, fare di più e diventare di più, sei un leader.”

Parto con la citazione di John Quincy Adams per evidenziare da subito l’obiettivo con cui scelgo di ospitare Professionisti: condividere la loro esperienza, fonte di ispirazione, di valore per chi cerca stimoli per apprendere, sognare e fare di più. Coinvolgo persone che ritengo essere leader di se stesse prima di tutto, ovvero chi fa accadere le cose, a partire dal proprio successo (che per me è il raggiungimento dei propri obiettivi professionali, ben definiti) e che non aspetta l’opportunità ma la costruisce.

Per questa nuova intervista ho pensato di coinvolgere Fabio Ferrari, Founder and Chairman at Ammagamma.

 

Ciao Fabio, per prima cosa ti chiedo di presentarti con un’immagine

Mi immagino come un caleidoscopio perché sento in me tante sfaccettature diverse. Lo trovo un oggetto simpatico, ha dentro elementi finiti – pezzettini di vetro – ma ogni volta che lo giri crea delle geometrie diverse. Sento in me quegli elementi fissi, le mie caratteristiche, che mi piace ricombinare. Alla fine non mi trasformo come persona perché i miei elementi caratteristici sono gli stessi ma cambio colori e immagini.

Fabio Ferrari

Ho adorato la tua presentazione per il TedX ReggioEmilia: “Fabio è ossessionato da una domanda che si pone e pone sempre: “ma, scusa, tu sai come mai si sono incontrati Paul e John?” Fabio ama i Beatles e il gelato al pistacchio… è solo attraverso le correlazioni deboli che potrete leggere la sua vera biografia.” Con un tweet, nei vecchi 140 caratteri, cosa aggiungi di te a questa bio?

Oltre a questi elementi che sono sicuramente caratteristici, aggiungo che mi piace moltissimo lavorare in un ambiente che condivide uno scopo unico e, allo stesso tempo, riesce a dare ad ogni persona la possibilità di esprimersi liberamente. Mi dà soddisfazione contribuire alle condizioni perché ognuno possa esprimersi.

Come spiegheresti ad una nonna anziana, molto analogica, Ammagamma?

Ammagamma è una società che fa magie: legge e osserva i fenomeni e poi estrae dal cilindro una ricetta per ottimizzare, risolvere, migliorare il fenomeno che analizza.

Com’è nata l’idea di Ammagamma?

Da quando ero bambino sentivo una forte energia che volevo esprimere in qualche modo; percepivo un’attitudine, un’inquietudine, un’irrequietezza che non riuscivo a incanalare nella scuola, nello sport o in altro. Mi sentivo un caleidoscopio che girava costantemente come una lavatrice. Facevo tutto e non mi sentivo appagato. Poi una notte, stavo leggendo Moby Dick da mesi, era agosto di sette anni fa, e sono stato rapito da un pensiero: “Moby Dick non ti cerca. Sei tu, tu, che insensato cerchi lei!”. Mi sentivo soffocare, non riuscendo a mettermi a fuoco nei percorsi canonici, ho pensato: è un’avventura, bisogna buttarsi. Così ho lasciato tutto.
Avevo 33 anni, stava nascendo la mia terza figlia; ho creato scompiglio dentro e fuori di me. Avevo un lavoro come ricercatore all’università ma mi ha spinto il mio mantra: “Meglio fallire con passione che avere un successo mediocre”, cosa che mi sono ripetuto per diverso tempo in modo ossessivo. Ho investito tutti i miei soldi, anche contro il parere di qualche persona scettica a me vicina, anche tra le più care. Quelle persone scettiche che oggi devo ringraziare perché anche loro mi hanno permesso di puntare alla concretezza.
Così Ammagamma nasce da una tensione interna, da un’inquietudine che ci si porta dentro, da un bisogno di esprimersi nel creare insieme ad altre persone; possiamo dire da una vocazione anche se è una parola troppo grande.

Ti faccio una domanda un po’ strana. Dai tempi della scuola, ho avuto un rapporto di odio e amore con la matematica. Crescendo ho capito che ognuno di noi ha delle propensioni naturali, a me viene più facile occuparmi di tutto ciò che è più qualitativo, comunicazione e relazione; il pensiero matematico mi richiede un po’ più di sforzo. Ho però sempre quella sensazione dei “mostri” e quindi ti chiedo: si può e come far amare la matematica a chi non la ha come propensione naturale?

Questo è quello che proviamo quotidianamente portando la matematica nelle aziende, con le persone che adottano i nostri modelli matematici, come nelle scuole quando possiamo.
Per noi la matematica può essere narrata. Riprendendo Moby Dick, è un viaggio dove salti, incontri tempeste o mareggiate quando non capisci, poi silenzi ed è bello raccontare questa esperienza quando torni. Quando narri un’esperienza forte, che ti colpisce, riesci a ingaggiare le persone. Noi di fatto siamo narratori di matematica; noi la vediamo ovunque. Per arrivare a tutti utilizziamo diversi linguaggi, proprio per non essere solo prettamente scientifici; usiamo ad esempio i linguaggi dell’arte grafica e della religione mescolandoli e questo lo facciamo grazie al team che è composto da professionisti con diversi background e specializzazioni. Non può essere narrata solo come eserciziari, numeri.
Credo che la matematica, come la lettura, per un bambino possa essere anche un rifugio, che permette un’estrazione, può creare mondi paralleli. Per me può essere davvero un luogo dove ritrovare la tranquillità, costruendo un proprio mondo. Permette di sognare in modo diverso.

In cosa consiste oggi l’Intelligenza Artificiale, quali benefici ed opportunità offre alle persone, come rende più efficiente il loro lavoro e che tipo di supporto e guida rappresenta per l’intera società?

L’intelligenza artificiale non è altro che algebra. Se ne parla così tanto oggi che ormai sembra divina, astratta, che quasi compete con l’uomo, e invece è semplicemente un insieme di algebra e logica. Strumenti che l’uomo ha sempre utilizzato per descrivere e comprendere la natura che lo circonda. C’è una narrazione distopica dell’intelligenza artificiale: i robot che ci governeranno; sicuramente è potente, nelle nostre vite sta dilagando su tutti i fronti ma la matematica è solo uno strumento che ha la capacità di allargare la visione (la natura che tu osservi) mettendo dentro dei dati; è un potenziamento delle nostre facoltà.
Il grande rischio che vediamo, però, è quello di demandare troppo delle nostre abilità agli strumenti. Ad esempio, guardiamo il meteo sul telefono invece di affacciarci alla finestra, o usiamo sempre e solo il navigatore per andare da una parte, così da sentirci persi quando non l’abbiamo.
Evitando giudizi, io da nerd – del 79 – fatico a fare relazioni attraverso gli strumenti (uso solo Telegram e LinkedIn), perché vedo gli algoritmi dietro, i limiti e le strumentalizzazioni. Essendo avvolti dai modelli matematici, abbiamo bisogno di condividere il più possibile strumenti che permettano senso critico: questa è per me la sfida del momento.

Ti propongo un piccolo esercizio: disegnare la mappa dei puntini che ti hanno portato a ricoprire il ruolo di oggi, evidenziando le tappe centrali, considerando anche gli studi

Faccio una mappa delle correlazioni deboli (che non sono quelle forti), che amo, e in questa mappa, più che gli studi, inserisco: musica, fallimenti scolastici e persone.
La musica perché, come la matematica, permette l’estrazione (le metriche della musica e della matematica tra l’altro sono correlate). La musica ti educa ad avere un suono corale, che ritrovi poi nelle organizzazioni.
I fallimenti scolastici forti che ho avuto quando ero giovane, perché mi hanno fatto nascere la voglia di creare un qualcosa, non tanto come forma di rivincita, ma proprio per esprimermi anche fuori dai quadrati. Mi hanno insegnato a surfare.
Poi gli incontri con le persone. Questi tre elementi mi hanno aiutato a capire che dovevo testare una strada alternativa.

Ritengo che il networking sia di fondamentale importanza nel mondo del lavoro. Tu cosa ne pensi? Hai una storia interessante da raccontarci, un esempio che ci dimostri il valore delle connessioni tra persone?

Per me il networking è il territorio dove nasciamo; io devo tutto all’Emilia-Romagna. Quando sono partito, pochi parlavano di matematica, di intelligenza artificiale applicata ai processi e raccontarlo alle aziende era ostico. I miei soldi erano finiti e mi sono ritrovato in uno ecosistema dove forse, anche grazie all’entusiasmo e alla passione proponendo il progetto, sono stato ascoltato e ho avuto la possibilità di ricevere tantissimo dagli enti locali, dalla banca, dalla regione. Senza garanzie, mi hanno presentato i bandi, gli strumenti per le startup innovative e le agevolazioni fiscali; mi hanno dato il finanziamento. In questa realtà emiliana ho ricevuto tanto supporto.
Una frase che mi sono sentito dire: “Non capisco ma compro te, il tuo entusiasmo; la tua passione la sento anche io”; a testimonianza della generosità che anche inaspettatamente ho ricevuto. Se lo sviluppo del sogno è stato possibile è, quindi, grazie al networking, cosa che io – da nerd che si apriva al mondo – mai avrei immaginato e sono rimasto davvero stupito nel vedere le istituzioni che riescono a dare opportunità a chi ha un’idea. Senza tutta questa rete non sarei mai riuscito; mi sono trovato in un sistema che era pronto a ricevermi.

Fabio Ferrari

La tua vita è un esempio di YOLO – You Live Once – di cui tanto si parla oggi. Cosa consigli a chi si sta facendo tante domande sul suo presente e magari sogna di concretizzare il piano B?

Non mi sento un guru e fatico a dare consigli. Ripeto il motto che è stato decisivo per me: “Meglio fallire con passione che avere un successo mediocre”.
Credo che il piano B sia necessario sentirselo dentro. Io la risposta l’ho trovata leggendo un libro; sembra una follia ma c’è tanta saggezza nei libri: chi li ha scritti ha spesso storie travagliate, profonde, storie di vita reali, avventure non fantasiose. Direi quindi di cercare le correlazioni deboli per capire se un progetto possa avere senso. Riprendendo qualche elemento tecnico, ogni fenomeno è un sistema complesso di equilibri, di variabili e di correlazioni. Alcune di queste correlazioni sono forti ed evidenti, altre sono deboli e nascoste. Le prime portano mere informazioni, le seconde i tratti di unicità dei fenomeni.
Il suggerimento che condivido è quello di non fermarsi alle correlazioni forti, che ci focalizzano ad esempio sui limiti economici e che frenano il coraggio di buttarsi, ma di ricercare quelle deboli, – o meglio, apparentemente deboli – come un libro o le parole di un amico o una propria irrequietezza, che facilitano il coraggio.

Ti chiedo di salutarci con la tua citazione preferita

Non ho una citazione preferita; amo i Beatles e quindi direi “Across the Universe”. Ma sceglierei la mia versione preferita, quella di Kurt Cobain.

Foto di Malcolm Lightbody su Unsplash

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